Triarticolazione sociale

Affinché nella società avvengano i profondi cambiamenti che l’Umanità si aspetta, c’è bisogno di pensieri nuovi, più vicini alla realtà. Studiando gli scritti e le conferenze di Rudolf Steiner che trattano il tema della triarticolazione dell’organismo sociale, ci si trova davanti ad un nuovo modo di vedere le relazioni sociali.

Ogni singolo individuo si inserisce nella società secondo tre differenti campi o sfere di azione: la sfera economica, quella giuridica e quella spirituale o culturale.

La sfera economica è l’ambito in cui uomini provvedono alle necessità di altri uomini. L’economia riguarda la produzione, la circolazione ed il consumo dei beni. Ogni uomo è inserito nella sfera economica, se non altro perché consuma beni prodotti da altri uomini.

La sfera giuridica riguarda la dignità umana e l’uguaglianza tra ogni uomo maggiorenne.

Nella sfera spirituale rientra tutto ciò che scaturisce dai liberi talenti degli uomini. Le scuole, le università, le religioni fanno parte della sfera spirituale.

Per la salute dell’organismo sociale è necessario che queste tre sfere siano indipendenti tra di loro. Solo così ogni sfera può essere proficua per le altre.

Riuscire a vedere ogni particolare della nostra società riconoscendo di volta in volta i vari ambiti non è cosa facile. È però necessario cominciare a sforzarsi di farlo se si vuole contribuire positivamente al risanamento dell’organismo sociale.

È con questi fatti, cari ascoltatori, che vuol fare i conti l’impulso dell’organismo sociale triarticolato. E desidero fornirvi un esempio incisivo per mostrarvi come proprio questi fatti abbiano brutalmente separato quello che nella vita dovrebbe agire come un’unità.
Oggi si dice che la triarticolazione dell’organismo sociale vuole distruggere l’unità della vita sociale. In futuro si dirà: questa triarticolazione serve proprio a costituire nel senso giusto questa unità. C’è un esempio che dimostra come questo anelito astratto all’unità abbia finito per distruggerla.
Al giorno d’oggi certi opinionisti sono particolarmente orgogliosi di fare una distinzione teorica fra diritto e morale.
La morale è la valutazione di un’azione umana in base a criteri puramente interiori dell’anima. Il giudizio espresso sulla bontà o sulla cattiveria di un’azione viene guidato per la morale solo da questi punti di vista interiori dell’anima.
E in chiave ideologica si distingue oggi nettamente da questa valutazione morale quella giuridica, che riguarda la vita esteriore, pubblica, e che dev’essere determinata in base ai decreti, ai provvedimenti della vita statale o di quella sociale e pubblica.
Prima della comparsa del recente sviluppo tecnico e del capitalismo non si sapeva nulla di questa separazione tra morale e diritto. È solo in questi ultimi secoli che gli impulsi del diritto e quelli della morale sono stati scissi gli uni dagli altri. Per quale motivo?
Perché la valutazione morale è stata relegata nella vita culturale “libera” che si è estraniata dalla vita diventando inerme nei suoi confronti, riservandosi la funzione di predicare e di perorare. E le massime che vogliono intervenire nella vita hanno allora bisogno di stimoli economici, dal momento che non sono più in grado di trovare quelli puramente umani interiori che sono stati confinati nella “morale”. E questi stimoli economici vengono poi trasformati in diritto.
Così la vita si è sdoppiata: la definizione del diritto da un lato, e la morale che ne dovrebbe essere la fiamma ardente dall’altro. Quella che dovrebbe essere un’unità è stata spaccata in due.
Per questo chi studia più attentamente l’evoluzione dello stato moderno, troverà che proprio la suggestione dello stato unitario ha prodotto la separazione di quelle forze che dovrebbero mirare all’unità. L’impulso alla triarticolazione dello stato sociale vuole proprio agire contro questa separazione. Se si coglie giustamente l’anima di questo impulso, si vede chiaramente come esso non tolleri nessuna spaccatura della vita.
La vita culturale deve avere la sua propria amministrazione: non è forse vero che ogni uomo ha un rapporto con questa vita culturale se essa si sviluppa del tutto liberamente, come ho descritto? Ognuno viene educato, e a sua volta ognuno fa educare i propri figli in questa vita culturale libera, è lì che ha i propri interessi culturali. Ognuno ha un intimo legame con essa.
E gli stessi uomini che sono legati in questo modo alla vita culturale, che da essa traggono la loro forza, sono attivi anche nella vita giuridica o statale, dove stabiliscono l’ordinamento di legge in vigore fra loro. Lo sanciscono a partire dallo spirito che fanno proprio nella vita culturale. Il diritto si ispira direttamente a quello che si acquisisce mediante il rapporto con la vita.
E di nuovo: ciò che si sviluppa democraticamente nei rapporti fra gli uomini sul terreno dell’ordinamento giuridico, ciò che l’uomo fa suo come modo di porsi in rapporto con l’altro, lo traspone nella vita economica, dal momento che si tratta degli stessi uomini che vivono la vita culturale, che sono attivi all’interno della vita giuridica e che fanno economia.
I provvedimenti che l’uomo adotta, il modo in cui si associa con altri uomini, il suo modo di commerciare, tutto è permeato da quello che lui stesso crea nella vita culturale, da quello che introduce come ordinamento giuridico nella vita economica.
Sono sempre gli stessi uomini che vivono all’interno dell’organismo sociale triarticolato. La sua unità viene prodotta non da un qualsiasi ordinamento astratto, bensì dall’uomo vivente – solo che ogni ambito esprime la propria natura e il proprio carattere specifico tramite la sua autonomia, e proprio in questo modo contribuisce nel modo migliore a formare un’unità.
Ciascuna delle tre sfere può in questo modo far valere il suo contributo, mentre vediamo come per via della suggestione dello stato plenipotenziario avvenga la separazione di due elementi che nella vita sono inscindibili, cioè il diritto e la morale. L’impulso alla triarticolazione dell’organismo sociale cerca di affermarsi non per separare qualcosa che deve restare unito, ma proprio per permettere di collaborare a quegli elementi che devono interagire fra loro.

Ad oggi l’unica proposta di un progetto per la realizzazione della triarticolazione sociale che non tradisce le indicazioni dateci da Rudolf Steiner, è l’Antropocrazia di Nicolò Giuseppe Bellia.

Quella che segue è la descrizione che ne fa Stefano Freddo nell’incontro tenuto presso la Comunità dei Cristiani di Trento l’8 aprile 2023.

La mia vicenda biografica mi ha portato ad incontrare il libro di Nicolò nel 2004; mi è stato portato da un amico. Negli anni precedenti avevo studiato abbastanza assiduamente l’opera di Steiner, la sua opera sociale. Ero molto interessato ma non riuscivo a farmi delle immagini chiare del processo del denaro, elemento che si è sempre incrociato con la mia vita. Fin da ragazzo ho avuto sempre una sorta di inclinazione verso di esso, ero attirato da questo tema.
È successo che attraverso la lettura del libro di Nicolò Bellia io cominciassi a farmi le giuste rappresentazione di quello che avevo studiato nell’opera di Rudolf Steiner e che non ero riuscito a capire. Quello che non riuscivo a capire era: come si realizza nella pratica questo processo sano del denaro, come denaro di acquisto di prestito di donazione? Osservando le attuali condizioni non riuscivo a capire, non vedevo come si potesse mettere in pratica.
Leggendo il libro di Bellia ho compreso che adesso non è possibile. Affinché questo processo si possa attuare nella forma che Steiner ha indicato, bisogna realizzare delle riforme.
Nel 2004 e negli anni seguenti io facevo l’agricoltore, avevo un azienda agricola. Nel 2002 avevo preso dei terreni in affitto in riva al fiume Adige, a sud di Verona. Lavorando a contatto con la natura, in quegli anni ho potuto meditare in modo vivo sul tema del denaro fino al punto da far emergere la sua vicinanza con l’impulso del Cristo. Nel mio secondo settennio avevo fatto assiduamente il chierichetto e avevo sentito e accolto nel mio corpo eterico in formazione molti brani del Vangelo. Ora essi si presentavano alla mia anima con nuovi inaspettati significati, proprio in relazione all’economia.
Questo approfondimento mi ha condotto a delle scoperte molto sorprendenti, che poi ho inserito
nel mio libro, Inizialmente non avevo pensato ad un libro. Scrivevo soprattutto per me, per sviluppare questi pensieri. Poi nel 2015, quando ho iniziato a tenere incontri perché ero invitato in diversi contesti attraverso un passaparola, mi è stato chiesto se avevo qualche testo scritto.
Così ho raccolto questi miei scritti e li ho pubblicati. Il libro è uscito 8 anni fa proprio nel periodo pasquale; il caso ha voluto che mi venisse consegnato il giovedì santo, era il 2 aprile, e proprio nel giorno che è in relazione al tema di cui esso tratta: il tema della fraternità in economia, dell’eucarestia in relazione al denaro.
Al mio libro ho dato il titolo «Padre perdonaci», un titolo che vorrebbe essere la continuazione delle parole pronunciate dal Cristo sulla Croce: «perdona loro perché non sanno quello che fanno». Leggendo Bellia ho capito qual è l’errore, qual è il punto cruciale in cui noi non sappiamo quello che facciamo.
Nicolò Bellia l’ha esplicitato e reso chiaro. Quindi possiamo dire: abbiamo dormito e adesso «Padre perdonaci».
Possiamo dirlo insieme perché abbiamo capito abbiamo compreso. E noi sappiamo che nel momento in cui si comprende il peccato, si comprende questo errore, questa mancanza di coscienza, il perdono è già ottenuto.
Questo perdono Nicolò Bellia lo chiama Giubileo sociale. Egli chiama l’Antropocrazia Giubileo sociale, la chiama proprio con il termine coniato da Mosè,.Il contenuto del Giubileo era questo: da un lato vi era il riposo dal lavoro della terra, quindi la possibilità che si ritrovi la quiete e ci si dedichi alla vita spirituale; dall’altro era stabilito che si ripristinasse la proprietà originaria delle terre stesse, che dovevano ritornare ai proprietari originari. Quando il popolo ebraico raggiunse la terra promessa, dopo l’esodo dall’Egitto, fu fatta da Giosuè, su incarico di Mosè che era morto da poco, una divisione, per cui ad ogni famiglia fu destinato un pezzo di terra per la propria sopravvivenza. Però siccome le terre potevano essere perse per una qualche disgrazia o sventura, succedeva che chi perdeva la terra doveva andare come servo alle dipendenze di un altro. Ogni 50 anni le terre dovevano ritornare al proprietario originario, alla famiglia originaria, e quindi i lavoratori dipendenti tornavano alla loro proprietà. E inoltre venivano cancellati debiti.
L’attuale debito pubblico può essere cancellato col nuovo Giubileo, con l’Antropocrazia.
Possiamo riconoscere che esso è nato da un errore di pensiero. Possiamo riconoscere che tutti i fenomeni sociali che vediamo come esterni, come indipendenti da noi, in realtà provengono dai nostri pensieri e sentimenti. Questa osservazione ho cercato di svilupparla anche nel mio libro dal punto di vista della comprensione del male, della comprensione dell’errore e del riconoscerci responsabili.
L’impulso del Cristo genera in chi lo sente un sentimento di corresponsabilità per tutto ciò che accade. Non posso dire io non c’entro, non sono coinvolto negli errori, nelle decisioni di chi sembra voler opprimere l’umanità. Se andiamo ad approfondire, possiamo vedere che in tutti noi vivono pensieri che sono la causa dell’attuale situazione.
Per poterlo riconoscere ora brevemente riassumo l’Antropocrazia per chi non la conosce.
Nicolò Bellia innanzitutto presenta come primo errore la tassazione attuale, la tassazione sui redditi e sui consumi, gli oneri previdenziali e le altre tasse che sono di diverso tipo, che andando a gravare sulle attività economiche, sugli scambi, si scaricano sui prezzi e determinano la perdita del potere di acquisto del denaro. La causa primaria dell’inflazione è l’attuale tassazione. Bellia fa osservare questo fatto e poi propone una forma di tassazione che non produca questo danno.
Propone la cancellazione, l’abolizione totale dell’attuale fiscalità per sostituirla con una piccola tassazione da applicare direttamente alla moneta. Quindi non tassazione sull’economia – economia vuol dire scambio -, ma sulla moneta. Tutte le tasse oggi sono applicate agli scambi, sia quando noi riceviamo il compenso del lavoro- queste sono le tasse dirette sui redditi -sia quando compriamo e paghiamo l’IVA al 22% e questa va a rincarare il prezzo – e queste sono le tasse indirette sui consumi -.
La tassa proposta da Bellia è una tassa sul denaro giacente, quindi sul denaro statico, fermo. Non è applicata al momento dello scambio e quindi non incide sui prezzi.
Questa è la nuova forma di tassazione, che egli chiama “decurtazione monetaria”.
Voglio ora portare un pensiero in rapporto all’origine dell’attuale fiscalità.
Bellia apre il suo libro dicendo: «il problema sociale non è di natura moralistica», cioè non è da cercare la responsabilità dell’attuale situazione negli altri, ma è un problema che sorge dalla mancata osservazione del fatto che noi abbiamo una forma sociale che viene dal passato e non è stata ancora riformata secondo il mutamento della civiltà.
Osserviamo, ad esempio, un fatto assai interessante nel Vangelo di Luca, quando all’inizio egli scrive: ci fu un censimento nella terra d’Israele. Quel censimento, secondo cui tutti dovevano andare a registrarsi nella terra d’origine della loro famiglia, fu indetto dall’imperatore Cesare Augusto per motivi fiscali. Cesare Augusto fu l’inventore del cosiddetto «fiscus» (significa cesto). Il censimento serviva perché gli esattori sapevano da chi andare a riscuotere le tasse col loro cesto.
Quindi il tema fiscale si trova proprio inserito nella storia già all’origine dell’avvento del Cristo, già nella nascita di Gesù, come motivo che fa muovere Giuseppe e Maria, che partorisce Gesù proprio a Betlemme, il luogo di nascita del re Davide, che era il capostipite di Giuseppe.
Le tasse erano il mezzo grazie al quale l’impero si manteneva, manteneva le truppe, copriva le spese per governare i possedimenti conquistati con la forza. L’attuale fiscalità è quindi collegata al principio del potere, dell’imposizione mediante la forza.
Rudolf Steiner, nel suo libro «I punti essenziali della questione sociale», ci chiarisce un secolo fa il rapporto conflittuale tra i proletari, cioè gli operai che lavoravano per sopravvivere, e i capitalisti.
Egli indica l’odio di classe come causa primaria del problema sociale. In una conferenza, che egli tenne a Zurigo, fece presente che l’attuale tassazione avrebbe favorito il potere dell’economia monetaria, che oggi domina come finanza speculativa.
Si era appena dopo la prima guerra mondiale e il movimento proletario socialista ha preso forza nel 1917 in Unione Sovietica, con la rivoluzione d’ottobre. Poi i principi socialisti sono stati gradualmente inseriti negli Stati europei, nelle democrazie occidentali. Uno di questi principi è proprio l’introduzione delle tasse progressive sui redditi con aliquota crescente: chi ha una certa quota di reddito ha una aliquota di tassazione corrispondente; più il reddito sale più cresce l’aliquota.
Questa tassazione origina dall’odio, dal pensiero: “più tu sei ricco, più sei sfruttatore. Ti arricchisci perché paghi troppo poco il lavoro dell’operaio, hai questo plus valore che hai sottratto all’operaio che è dipendente perché ha bisogno di lavorare per vivere. Quindi adesso questo tuo arricchimento più alto deve essere ripartito, deve essere restituito a chi hai sfruttato, tramite lo Stato che organizza i servizi per i bisognosi. Questo è il sentimento, il pensiero che è all’origine della tassazione progressiva sui redditi. Ma questa tassazione si scarica interamente sui prezzi. L’imprenditore non può stampare i soldi per pagare le tasse. Il denaro che l’imprenditore guadagna è stato tutto ricavato dalla vendita delle merci. Egli quindi deve scaricare sulle stesse merci i suoi costi fiscali, che vengono alla fine pagati proprio dall’operaio che va a comprare e che si trova così ad avere un denaro con sempre minore valore. Sì i è cercato di ovviare a ciò con l’introduzione della scala mobile, per cercare di riportare i salari al pari dei prezzi. Ma i salari che aumentavano, aumentavano i costi di produzione, aumentando ulteriormente l’inflazione. Si è così rinunciato alla scala mobile.
Dall’attuale tassazione è generata la distruzione dell’economia. Non si è compreso che non si giunge a nulla di buono con l’odio di classe, non si è compreso che l’economia moderna è un’economia altruistica, è un’economia basata sulla divisione del lavoro. Siamo arrivati ad una forma di economia in cui tutti quanti lavorano per il prossimo, nessuno produce per sé. Ciò che io consumo l’han fatto gli altri per me e quello che io produco non lo consumo io, ma va a beneficio degli altri.
Questa è l’oggettiva caratteristica dell’economia moderna. Però in questa economia moderna c’è un elemento di disturbo, rappresentato dal fatto che il singolo lavoratore, il quale oggettivamente lavora per gli altri, è obbligato a farlo dalla necessità di sopravvivere.
Nell’anima del lavoratore sorge la rappresentazione di lavorare per sé stesso, quindi si inserisce un elemento egoistico, potremmo dire indotto, in un contesto oggettivamente altruistico.
Per risanare questa situazione di conflitto, Bellia propone una seconda misura. Oltre a spostare la tassazione sul denaro, riportando i prezzi al loro puro valore di scambio, egli propone di porre una base tale per cui l’uomo inserito nell’economia non debba essere schiavo del lavoro per la sopravvivenza, ma si possa inserire nell’economia come produttore in tutta libertà, in modo che il lavoro divenga una vocazione.. Tanto più che oggi il lavoro manuale e sempre meno richiesto, proprio perché l’uomo ha sviluppato la tecnica, che ha il compito di sollevarci dalla fatica in modo da poter avere più tempo da dedicare alla cultura e ad altri elementi fondamentali per la crescita umana.
Il reddito base incondizionato dalla nascita alla morte, da assicurare ad ogni individuo che viene sulla terra, si inserisce nella vita sociale come pensiero chiaro e matematico, pienamente umano, che unisce insieme un’esigenza morale legata al sentire la dignità umana, a sentire che l’essere umano ha bisogno e chiede di essere liberato da questa schiavitù, e contemporaneamente però scientifico perché riesce a far reggere l’economia.
Con queste misure si offre la possibilità di eliminare il debito pubblico, il fattore che oggi condiziona la vita politica e anche la vita economica. Con la totale detassazione dell’economia si ottiene il dimezzamento dei prezzi e il raddoppio del potere d’acquisto di tutto il denaro esistente. Quindi si può prelevare il 50% di tutto il denaro, per estinguere il debito pubblico in un’unica soluzione. I possessori del denaro manterrebbero il potere d’acquisto precedente a tale prelievo.
Con la fiscalità monetaria si possono inoltre reperire le risorse che possono assicurare a tutti i cittadini la sicurezza giuridica. Le funzioni statali si ridurrebbero esclusivamente all’amministrazione della giustizia e della sicurezza pubblica. La sicurezza giuridica si attuerebbe attraverso l’elezione diretta dei giudici. Nel momento in cui il cittadino sia stato vittima di attività non lecite, ricorrerà al giudice, il cui compito e quello di ripristinare i diritti violati rapidamente ed efficacemente.
Non compete allo Stato come governare la vita dei cittadini, come amministrare la scuola, la sanità, o governare l’economia. La cultura e l’economia devono poggiare sulla piena libera iniziativa degli uomini e il Diritto deve assicurare che queste attività vengano fatte nel rispetto delle leggi, intervenendo solo nel momento in cui si violino tali leggi, dietro istanza dei danneggiati.
Allora il rapporto con la Giustizia si concretizza nel rapporto con gli elettori di un determinato territorio e i Giudici che si candidano come individui e che verranno eletti sulla base della stima degli elettori, dureranno in carica 4 o 5 anni, e saranno rieletti se avranno operato bene, oppure non saranno riconfermati.
All’interno dei Collegi dei Giudici si selezioneranno i legislatori come Giudici anziani che hanno operato per esempio per tre mandati.
Con questo ho brevemente riassunto la proposta di Bellia.